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Saviano vuole sindaci africani per il Meridione

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Saviano chi?

Lo scrittore napoletano classe ‘79 pensa di potersi fregiare del titolo di Vate della letteratura italiana. Forse è proprio al Nobel per la Letteratura che questo omuncolo aspirerebbe. Chissà se una volta conseguito il premio lo scrittore campano potrà liberare i suoi concittadini dall’onere economico del mantenimento della sua scorta. Tanto grande quanto inutile, considerato che tutti i “boss” accusati da Saviano di essere mandanti di minacce sono stati assolti. Anche l’ex capo della Mobile di Napoli, Vittorio Pisani, ha più volte ribadito che “lo scrittore non corre rischi”.

Dieci anni di scorta inutile a spese dei contribuenti di tutta Italia, settentrionale, centrale e meridionale.

Nonostante questo, il “Vate” si permette di sbeffeggiare gli italiani che subiscono veramente la mafia nel quotidiano. Durante un’intervista concessa qualche giorno fa a Gianni Riotta lo scrittore ha espresso il desiderio di “vedere sindaci africani” in Meridione in futuro. Ma non solo. Saviano afferma con certezza che gli immigrati si sono ormai ribellati alle organizzazioni malavitose, mentre gli italiani non lo farebbero ormai più da tempo. In due concetti il “vate” della radicalchiccheria più becera ha sminuito e insultato tutta la popolazione che vive con dignitosa onestà in Meridione.

Quando Saviano sogna sindaci africani, sogna allo stesso tempo napoletani, siciliani, pugliesi e calabresi incapaci di governarsi da soli. Lo scrittore campano sta implicitamente dicendo che i meridionali non hanno le capacità per gestire la res politica, vuoi per mancanza di abilità, vuoi per mancanza di onestà. Un’affermazione più che razzista, che travalica buonsenso e conoscenze storiche di base. Così come quando lo scrittore afferma che gli italiani non sono più in grado di ribellarsi. Qua Saviano veste anche i panni del negazionista, dimenticandosi d’un colpo delle proliferanti e attive realtà della società civile, da anni in prima linea contro le organizzazioni malavitose.

Basterebbe pensare a tutte le associazioni legate a Libera,

che dal 1995 si occupa della creazione di una comunità alternativa alle mafie. Saviano ha cominciato la sua attività giornalistica nel 2002, ben sette anni dopo la nascita di Libera.

Le parole razziste di Saviano hanno subito la dura replica da parte di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che hanno invitato lo scrittore ad andarsene in Africa. Saviano ha così risposto:

Io in Africa ci vado (quando?) e accompagnerò Meloni a chiedere scusa per le atrocità commesse dal regime fascista nei territori ex coloniali, regime con cui lei politicamente è in continuità.

Sui frequenti viaggi di Saviano in Africa non si sa nulla, forse, viste le sue lacune conoscitive, intendeva dire Israele. Un Paese, quello si discriminatorio e segregazionista, cui però lo scrittore napoletano ha più volte ribadito di essere emotivamente legato.

Israele però non è in Africa e le “atrocità coloniali” commesse da noi italiani non saranno mai paragonabili a quelle perpetrate da alcuni leader africani. Gli stessi che Saviano auspica per la “buona amministrazione” del Sud Italia. Amin Dada, leader ugandese negli anni ‘70, di vittime ne fece 300.000, molto di più rispetto alle “atrocità italiane”. Mobutu Sese Seko, in Congo, utilizzò più di cinque miliardi di soldi pubblici per affari personali. E ancora Laurent Gbagbo risulta attualmente sotto processo dalla Corte Penale Internazionale con l’accusa di aver pianificato l’eccidio di 3mila ivoriani. Sono solo alcuni esempi della “buona amministrazione” africana.

Anche noi abbiamo un sogno. Non solo vedere Saviano in Africa, ma osservare la sua attività di scrittore sotto uno dei “buoni amministratori africani” sopracitati, ovviamente senza la difesa di una scorta.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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