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Azzurro tenebra

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L’Italia perde in inferiorità numerica contro l’Uruguay e se ne torna mestamente a casa.

 

L’Italia del pallone si è schiantata, annichilita, sopraffatta dalla impalpabile leggerezza del suo totale non essere. Il risultato finale di 1-0 a favore dell’Uruguay non rende bene l’idea di quanto è successo, anzi sarebbe meglio dire, non è successo ieri in campo. I nostri in pratica, più che essere stati estromessi dalle superiori doti…addentatrici degli avversari si sono semplicemente liquefatti come neve al sole, sciolti per  ataviche colpe endogene.
 

La nostra nazionale, che ci aveva illusi oltremodo con i sudditi di Sua Maestà, si è in seguito limitata a svelare quello che è il suo vero volto. Un volto depresso, dai lineamenti tirati, con forti contrasti interiori e paralizzato dall’incapacità di esternare una qualsiasi forma di reazione. Una banda del buco nel senso di banda in qualche modo assemblata attorno ad un immane buco nero che ne ha risucchiato le residue energie e “conati” di vita. Siamo fuori così come sono fuori gli inglesi ma, a differenza loro, la nostra non è stata l’eliminazione di chi è affetto da sopravvenuta incapacità/involuzione tecnica: la nostra è stata una disfatta in primo luogo di carattere fisico/psichico/atletico, in secondo luogo di carattere tattico viste le lacune e le incapacità assemblatorie del nostro ct.
 

Con questo non vogliamo assolutamente mettere la croce addosso al buon Cesare nazionale che, nell’immediato post partita, da persona onesta quale egli è, ha esternato in diretta le sue dimissioni da ct, seguite a ruota da quelle di Abete. In fondo Prandelli, pur tra errori ingenui e amnesie tattiche, si è ritrovato sulle spalle l’immane e quasi impossibile compito di dare un senso logico a quello che un senso non poteva averlo, ovvero a quelle che sono state le risultanze del nostro campionatino sempre più rionale e provinciale.
 

Un torneino da scapoli e ammogliati che ha finito con il risucchiare le già poche energie dei nostri calciatori che sono arrivati ad un appuntamento fondamentale come il mondiale, spremuti come limoni. Abbiamo già detto in precedenza come l’atteggiamento dei nostri club sia da un po’ di tempo a questa parte orientato soprattutto a primeggiare, ad ottenere i posti onorevoli nel nostro piccolo orticello casalingo per poi, una volta approdati alle tanto sospirate coppe, snobbarle con i risultati che abbiamo puntualmente visto. Il nostro calcio, negli ultimi anni, si è semplicemente richiuso, autorisucchiato all’interno del proprio segmento di terra, rinunciando a connettersi realmente al calcio internazionale, solo e soltanto perché per i nostri club è più facile, più agevole confrontarsi tra di loro in una sorta di autocompiaciuto e sterile narcisismo piuttosto che mettersi seriamente in discussione a contatto con la linfa ben più vitale del calcio internazionale.
 

Il risultato deprimente è da quattro-cinque  anni a questa parte sotto gli occhi di tutti, sia a livello di club che a livello di nazionale. E poco importa che, per una serie di coincidenze fortunate e fortunose, siamo arrivati secondi all’ultimo europeo dove, tra l’altro, si è giocato a temperature quasi autunnali che hanno finito col mascherare i nostri effettivi limiti di tenuta atletica. I nodi prima o poi vengono al pettine e ora, a fronte di temperature da solleone, sono arrivati tutti insieme.

Sarebbe poi bene che qualcuno ai livelli che contano, invece di fare i calcoli e calcolini di diritti televisivi e quant’altro ammorba il nostro calcio, si chiedesse all’indomani dell’ennesima e drammatica disfatta, se non sia il caso di tornare all’usato sicuro rispolverando il torneo a sedici squadre. Penso che non ci voglia una scienza infusa infatti a capire come l’attuale campionato a venti squadre se da un lato può rispondere agli interessi ben precisi dei club e delle emittenti televisive dall’altro non possa andare assolutamente  d’accordo con gli interessi della nazionale.

La differenza tra campionato a venti squadre e sedici è di ben otto partite in meno che a conti fatti equivalgono a circa due mesi di sangue lacrime e sudore risparmiati ai fisici già provati dei nostri. Si potrebbe sostenere giustamente che anche nelle altre nazionali albergano giocatori che militano nel nostro iper stressante campionatino regionale, vero, ma è anche altrettanto incontrovertibile che la nazionale italiana è quella dove, per forza di cose, troviamo di gran lunga la maggiore concentrazione.

Il nostro vuole essere un appello gridato a chi conta ancora qualcosa nel calcio: torniamo all’antico, torniamo al caro vecchio collaudato calcio a sedici squadre e vedrete che almeno non assisteremo più a spettacoli così deprimenti e angoscianti. Da troppi anni siamo andati dietro alle sirene del calcio spettacolo, del calcio giocato ogni tre giorni per attirare più spettatori televisivi e non, ma soprattutto più introiti per le società che di questo decadente carrozzone sono diventate le inossidabili e pretenziose testimoni e fautrici al tempo stesso. Si erano purtroppo dimenticate anche le leggi che dominano incontrastate a livello fisico/biologico, leggi che continuano a urlarci nelle nostre orecchie tappate che il corpo umano non è una macchina che può ripartire se solo ci metti dentro la benzina giusta: le cose non stanno così. Lo scandalo è che comunque si è fatto finta che fossero proprio così, si è dato per scontato che i nostri atleti, dopo essere stati spolpati e spremuti come olive alla macina, potessero, grazie ad un mesetto di miracolosi e portentosi interventi…riabilitativi/palliativi, tornare come nuovi: no le cose non stanno così e i risultati si sono visti. Che qualcuno, dotato di un po’ di comprendonio e buon senso lo capisca, altro non chiediamo: perché se errare è umano perseverare è non solo diabolico ma, in questo caso anche stupidamente autolesionista.

 

Italia 3-5-2: Buffon, Bonucci, Chiellini, Barzagli, Darmian, De Sciglio, Marchisio, Pirlo, Verratti (Thiago Motta), Immobile (Cassano), Balotelli (Parolo), ct. Prandelli;

 

Uruguay 4-4-2: Muslera, Caceres, Gimenez, Godin, A. Pereira (Stuani), Gonzal, Arevalo, Rodriguez (Ramirez), Lodeiro (M. Pereira), Suarez, Cavani, ct. Tabarez;

 

Arbitro: Rodriguez (Messico)

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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