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Portugal Campeao!

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Questo sarà ricordato come l’Europeo delle grandi deluse: prima la Spagna matata dall’Italia, poi l’Italia vittima delle sue insicurezze ai rigori, poi la Germania fatta fuori dalla Francia ed infine la Francia scalzata dal trono dalla magnifica banda dei lusitani. Alla fine a gioire rimane CR7 e con lui una nazione intera affamata di titoli e finalmente orgogliosa della sua squadra. Una squadra, CR7 a parte, formata da giocatori normali ma altamente organizzati, una squadra che non è quasi mai riuscita a vincere nei tempi regolamentari ma che, proprio per questo, ha saputo offrire al mondo intero un esempio di resistenza stoica alla sofferenza.

L’undici lusitano ha saputo infatti resistere alla fatica e allo stress accumulati…quanti tempi supplementari, ha saputo resistere ai richiami riduttivi e quasi offensivi di chi lo dava ad ogni piè sospinto vittima sacrificale di questa o di quest’altra squadra. I francesi, va detto, pensavano che allo stadio Saint Denis ci sarebbe stata la celebrazione preannunciata di una vittoria in technicolor . Una presunzione massima che, come succede in questi casi, finisce quasi sempre per trovare il suo drammatico contrappasso nel Davide di turno che con la sua fionda osa far secco il gigante “cattivo”.

I francesi hanno comunque avuto le loro brave e ottime occasioni da goal così come pure i portoghesi orfani dopo una manciata di minuti del loro più spettacolare interprete, ma i galletti blu, con un Pogba incredibilmente dimesso e a corto di idee, non hanno saputo innescare il turbo e si sono alla fine schiantati contro il muro lusitano. Dopo quasi due ore di pali, traverse e parate al limite delle leggi della fisica c’è voluta la rasoiata da fuori area di Eder, entrato dalla panchina, per piegare le illusioni  francofone e per consegnare la coppa  nelle mani di un Ronaldo in lacrime…prima di dolore e poi di gioia suprema. Così come ai tempi della Danimarca e della Grecia anche il 2016 sarà ricordato come l’Europeo delle outsider. A differenza di allora però possiamo affermare senza ombra di smentita che questa volta non abbiamo assistito ad un gioco straordinario e tecnicamente sublime ma al trionfo dell’calciatore-uomo qualunque…ma…comunque in grado di soffrire e di tenere duro fino alla fine.

In questo l’Italia potrebbe essere additata a metafora e simbolo di questa competizione: livello tecnico non eccelso ma grande organizzazione di gioco e dedizione estrema dei singoli al gioco richiesto. Il Portogallo in questo ci assomiglia e pure tanto e alla fine è riuscito a cogliere il premio forse per quel po’ di cattiveria sportiva in più che i compagni di CR7 hanno saputo esprimere rispetto a noi. Tanto di cappello perché, come dice una canzone, forse politicamente odiata ma pure sempre espressione di verità, alla fine vince sempre chi più crede, chi più a lungo sa patir. 

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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