Home / Vicolo / Questo non è un paese per inermi

Questo non è un paese per inermi

Condividi quest'articolo su -->

Uccidere per gelosia bruciando viva quella che è stata la tua fidanzata per due anni è quello che è successo nella notte tra domenica e lunedì nell’estrema periferia di Roma. A farne le spese una ragazza che ha avuto solo la terribile sfortuna di essersi innamorata della persona sbagliata, un balordo assassino che ha barbaramente posto fine alla sua breve vita innocente. Come ha dichiarato ai giornalisti, una cosa così, il capo della Mobile Luigi Silipo in venticinque anni di carriera non l’aveva ancora vista. Fin dal macabro ritrovamente dei poveri resti carbonizzati di Sara Pietrantonio all’alba di lunedì, gli inquirenti e la gente si interrogavano sgomenti su chi potesse aver commesso un delitto tanto atroce che sembrava per un attimo aprire inquietanti ipotesi su un possibile e pericoloso psicopatico. Uccidere bruciando viva una ragazza sembrava essere l’opera di uno psicopatico, una mente malata di cui purtroppo è piena la casistica criminale, forse, mostro di Firenze a parte, più negli Stati Uniti che da noi. Invece alla fine il movente che si è rivelato dopo ore di serrato interrogatorio dell’ex fidanzato, Vincenzo Paduano, si è rivelato essere drammaticamente banale, l’ennesimo caso di gelosia e di mancata accettazione di una storia finita da parte di chi pensa di essere in diritto di uccidere ciò che non è più suo.

Di casi così è purtroppo piena la cronaca, il delitto passionale esiste ancora e anzi è aumentato in modo esponenziale da trenta-quaranta anni a questa parte. A nulla evidentemente è servita la modifica del codice penale che fino al 1981 prevedeva ancora le attenuanti per il cosiddetto delitto d’onore, una norma, quella dell’art. 587 abrogato, francamente indegna di un paese civile, che in qualche modo introduceva una sorta di quasi comprensione per chi accecato dalla gelosia e dal suo buon nome di persona tradita uccideva la moglie, il marito o la figlia e la sorella. Lo sconcertante episodio di Roma non è precisamente riconducibile alla suddetta fattispecie ma si tratta comunque di un delitto commesso per passione e gelosia. Un motivo che rispetto alla immensa gravità e crudeltà del delitto appare assolutamente e grottescamente futile, frutto del capriccio di chi ha trasformato un rapporto sentimentale in qualcosa di pericolosamente morboso intriso di dipendenza e possesso dell’altra persona quasi fosse una cosa di proprietà. Un rapporto che, come ci informano le cronache, spesso porta alla violenza fisica sulla persona amata e, nei casi più gravi, all’omicidio seguito il più delle volte dal suicidio dello stesso assassino.

Quello che purtroppo preoccupa e stupisce è l’aumento vertiginoso di tali fattispecie criminose, un aumento che sembra affondare le sue radici nell’esistenza sempe più diffusa di rapporti malati intrisi di insicurezza e che portano a condotte quasi compulsive altrimenti inspiegabili. Ma alla base di questo triste fenomeno sta a nostro giudizio anche e soprattutto il totale disprezzo della vita altrui, vita considerata ai vari livelli, anche di semplice concorrenza sociale, soltanto uno strumento o, peggio, un ostacolo al raggiungimento dei propri scopi personali. Bruciare viva una ragazza dopo averla inseguita sul ciglio della strada e cosparsa di alcol è un atto di terrificante barbarie che ci induce al raccapriccio ma che si spiega perfettamente se lo riconduciamo all’interno dei canoni e delle leggi sballate che dominano la nostra vita sociale. Ormai da decenni nessuno insegna più ai ragazzi il rispetto  della vita e della reputazione altrui, tanto che pestare un compagno o una compagna di scuola solo perché  non accetta di far parte del branco o solo perché è diverso dai cosiddetti canoni imposti è un fenomeno a cui non facciamo neppure più caso e su cui si impostano i soliti demenziali talk show da salotto. 

Senza accorgercene ci siamo imposti una società ipocritamente legata alla cosiddetta solidarietà collettiva ma totalmente deprivata del concetto di amore e di rispetto individuali solo perché politicamente poco corretti. Se un ragazzo provoca delle lesioni ad un compagno di scuola, state certi che i primi che andranno a protestare dal Preside saranno i genitori dell’accoppatore pronti a difendere chi delinque solo perchè questo rientra nella logica perversa della difesa a oltranza del proprio egoistico territorio. Siamo da tempo scivolati in una società che fa sempre più fatica a provare compassione per la vittima innocente ma che invece si commuove facilmente per l’aggressore perché magari giustificato dal contesto sociale che noi stessi ci siamo creati come alibi per le nostre debolezze.

Ci siamo ormai da tempo rinchiusi all’interno di un sistema permissivo che non riconosce più valori oggettivi perché semplicemente non esiste più un concetto assoluto di bene e di male e sapete perché? Perchè abbiamo sottratto dal nostro lessico il nome di Dio verità assoluta, senza il quale non esiste più la certezza di ciò che è bene e di ciò che è male ma tutto si stempera all’interno di mille punti di riferimento possibili all’interno dei quali tutto diventa alla fine comprensibile se non addirittura giustificabile. Senza accorgercene siamo scivolati da tempo in un mondo non più adatto ai deboli, agli inermi, ma in compenso sempre più agevole per chi guarda a quegli stessi inermi e deboli come ad un oggetto del proprio godimento personale.

Condividi quest'articolo su -->

Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

Cerca ancora

Raggi assolta anche in Appello per falso accusa il Governo di far solo chiacchiere

Pensate che ci sia un solo italiano non pentastellato, uno solo, che dopo la conferma …