I dissidenti dell’arco parlamentare, oltre ad essere pochi, sembrano sospinti da motivazioni poco convincenti (nel metodo e nella sostanza). Un fatto che certifica il triste epilogo maturato con il governo Draghi: la disfatta dei progetti di opposizione all’economia liberale e all’establishment.
di Paolo Desogus
Chi valuta con una risata o giudica con supponenza i vari no alla fiducia del governo Conte merita al massimo compassione, quella compassione che si riserva agli imbecilli e ai tanti spiriti sguarniti che con il loro realismo da quattro soldi pensano di saperla più lunga di tutti mentre invece sono solo un ingranaggio del tempo presente.
Detto questo, nessuno si faccia illusioni: a sinistra non esiste alcun germe di rilancio della battaglia contro il capitale. Il no di Fratoianni mostra dignità, ma è anche parecchio pasticciato nelle motivazioni.

Onestamente sono molto pessimista: un progetto politico alternativo non esiste nella società, i possibili referenti sociali sono tutti egemonizzati dalla destra e chi ne resta fuori è immerso in un risentimento che necessiterebbe di un lavoro politico che certo non si può svolgere attraverso i social network, i quali per molti versi sono più un impedimento che uno strumento.
La verità è che la nascita del governo Draghi rende manifesta in modo ancora più esplicito la disfatta dei progetti politici alternativi a quelli dell’establishment. Non si tratta più di una sconfitta politica, ma di una vera e propria perdita delle condizioni di agibilità per qualsiasi pensiero che aspiri alla giustizia sociale e alla lotta contro l’economia di mercato.