Con queste parole, credo che possa dirsi definitivamente caduta una volta per sempre la maschera della Lega; Lega che ha ormai dimostrato in forma inconfutabile il proprio posizionamento reale nel diagramma dei rapporti di forza. Guardato retrospettivamente, il percorso del partito che fu di Bossi e poi divenne di Salvini appare adamantino e direi quasi coerente nella sua incoerenza.
Come noto, la Lega Nord fu in origine il partito che propugnava la secessione della fantomatica Padania dal resto dell’Italia, propiziando tale scissione con demenziali riti come quello dell’ampolla sul Po. Poi, con metamorfosi repentina, la Lega Nord divenne in un batter d’occhio ciò contro cui aveva fino a quel momento combattuto: un partito “sovranista”, come si principiò a dire dopo il 2010.
doveva ora orbitare intorno alla difesa a oltranza della sovranità nazionale contro le ingerenze a nord di Bruxelles e a sud dell’Africa. Il vecchio motto, “prima quelli del Nord”, fu senza troppa fantasia mutato nel nuovo mot d’ordre “prima gli italiani”.
Fu così che, in maniera del tutto contraddittoria, a difendere almeno in linea teorica le ragioni della sovranità nazionale in Italia vi fu in prima linea il partito che non più di 10 anni prima propugnava a tambur battente la secessione del nord dal sud e, quindi, la disgregazione della sovranità nazionale.
Questo tortuoso percorso, nella sua contraddittorietà, basterebbe già a chiarire l’entità del partito di cui stiamo parlando, non che ovviamente la sua verace natura trasformista e cangiante a seconda dei venti. Vero è che solo gli sciocchi non cambiano mai idea: ma come qualificare quelli che ogni due minuti le cambiano e, come se ciò non bastasse, aderiscono di punto in bianco alle idee che fino al giorno prima combattevano?
prima secessionista e poi sovranista, ancora non era compiuta. Si è definitivamente attuata nell’ultimo anno, allorché la Lega di Salvini si è scoperta addirittura partito delle ragioni dell’Unione Europea e del supporto all’euroinomane più impenitente, l’ex Goldman Sachs ed ex BCE Mario Draghi. Why not? disse con ridicola espressione Salvini in tempi non sospetti quando gli venne chiesto cosa ne pensasse dell’idea di Mario Draghi premier.
Eppure non tutti hanno obliato i “basta euro tour” con cui gli scudieri della Lega, con oplitico procedere, evangelizzavano il Paese circa l’esigenza di recuperare la sovranità nazionale e congedarsi dalla algida tecnocrazia dell’Unione Europea. Addirittura, vennero imbarcati nella operazione tesa a guadagnare consensi perfino rispettabili economisti che, pur animati dalle migliori intenzioni, si trovano ora silenti a supportare un partito che li ha utilizzati per poi lasciarli cadere, citando Hegel, come involucri svuotati.
in forma rigorosamente tragicomica, la parabola di un partito, la Lega di Salvini, che, non diversamente dal Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, è divenuto ciò contro cui combatteva: più precisamente, ha seguito una evoluzione (o involuzione?) tale per cui, ogni volta, la tappa ulteriore negava e sconfessava quella precedente.
Credo che non sarebbe ingeneroso definire la Lega di Salvini, allo stato dell’arte, nel modo che segue: l’ennesimo partito liberista che, anche quando finge di essere contestativo rispetto all’ordine dominante, finisce sempre, immancabilmente e con la puntualità di un orologio elvetico, per riconfermarlo, per difenderlo, per annullare ogni reale istanza rivoluzionaria.
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