Da anni questo partito si muove nel panorama politico seguendo “agende” che arrivano dall’esterno: Confindustria, UE, centri di elaborazione politica affiliati a fondazioni, gruppi bancari o multinazionali. Basta pescare a caso tra gli ex ministri di questo partito e vedere come occupano oggi il tempo tra un consiglio di amministrazione di importanti imprese, posti di prestigio all’università (la Mogherini è addirittura rettrice) e altri strapuntini vari che il potere finanziario ha concesso come premio per la fedeltà dimostrata ai dogmi neoliberali e di difesa assoluta dell’economia di mercato.
Lo stesso Letta non è un santo, anche lui ha i suoi legami con la finanza, specie quella di casa a Parigi.
Questo partito a dir poco indecente, colpevole di aver dilapidato quei residui di eredità sociale ricevuti in dote dai partiti da cui è nato, ora cerca di tirare su in quattro e quattr’otto una piattaforma di sinistra.
Non riuscendo a sfondare a destra a causa del terzo polo renzi-calendiano, il PD tenta in modo disperato di acchiappare qualcosa a sinistra.
Il Pd non è capace di alcuna attrattiva. È il partito dello status quo, di chi appartiene alla borghesia soddisfatta che cerca di appiccicarsi un’identità posticcia europea con cui mascherare il proprio meschino e gretto provincialismo da italietta instupidita. Il Pd può al massimo conservare il consenso di chi lo vota da anni per scialba abitudine, autentica adesione agli ideali neoliberali oppure semplice e verace minchioneria, quella tipica degli sprovveduti che pensano che alla radice del PD ci sia Berlinguer o che credono che votando il Pd si argini la destra, là dove invece la si alimenta.
Dopo anni e anni di questo insulso manico di cacciatori di strapuntini, qualsiasi persona di buon senso dovrebbe aver capito che per ogni candidato Pd portato in parlamento si creano le condizioni politiche perché l’elettorato si attivi per mandarne su almeno tre di destra. Il Pd è infatti un generatore indiretto di male e disperazione, è una deiezione del capitale che concima Meloni e Salvini.
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